Negli ultimi periodi, sono accaduti episodi che hanno scatenato riflessioni e movimenti di opinione attorno alle cosiddette terapie alternative.
In più casi alcune persone con gravi problemi di salute hanno rifiutato le cure mediche previste rivolgendosi a presunti guaritori o a dubbie teorie pseudoscientifiche che rinnegavano l’approccio medico classico e proponevano percorsi differenti spacciandosi per vere e proprie terapie miracolose.
Purtroppo, come spesso accade nella confusione generata dai social network o negli articoli giornalistici che sono seguiti a questi tristi episodi, non si è fatta sufficiente chiarezza e si è preferito fare “di tutte le erbe un fascio”.
Così sono state accomunate e (in buona o cattiva fede) equiparate a queste terapie alternative anche discipline come lo shiatsu che da moltissimo tempo hanno intrapreso un cammino di chiarezza e trasparenza in una direzione veramente molto diversa.
Personalmente sono sempre stato a favore della libertà di cura o di non cura: in realtà sono un fautore della libertà individuale e dell’autodeterminazione, anche se questo può portare a sbagliare strada o a conseguenze estreme.
Il punto però ora non è questo.
Qui si tratta di essere molto chiari e netti e di saper fare le dovute distinzioni fra ciò che si propone o si spaccia come terapia alternativa o come metodo di cura miracoloso e ciò che invece riguarda tutti i percorsi di benessere, consolidamento della salute e prevenzione attraverso una sana ecologia personale.
Fra tutti questi percorsi lo shiatsu è uno di quelli che ha da più tempo costruito una strada chiara e netta:
lo shiatsu non è una terapia medica e non si propone come tale, non è alternativo alla medicina ufficiale e ancor meno ne è antagonista.
Facciamo un passo indietro: cosa è lo shiatsu?
Sbirciando sul sito di APOS, la grande associazione di operatori e insegnanti shiatsu italiana, si può leggere quanto segue.
“Lo shiatsu è un trattamento manuale le cui radici teoriche-pratiche derivano dalle antiche tradizioni filosofiche del lontano Oriente.
Il padre dello shiatsu, Tokujiro Namikoshi, affermava: “Lo shiatsu è l’abbraccio della mamma al bambino”.
Ha lo scopo di risvegliare e/o armonizzare le funzioni energetiche e le risorse vitali profonde dell’individuo e si avvale di tecniche e principi ben precisi.
La modalità universalmente riconosciuta e peculiare di questo trattamento è la pressione perpendicolare, costante e/o modulata in modo ritmico, esercitata con il peso del corpo ed avvalendosi del centro vitale (hara, in giapponese o tan den, in cinese) dell’operatore, su zone, punti e meridiani energetici.
Per esercitare le pressioni, si usano prevalentemente i pollici, ma secondo le necessità e gli stili, si possono utilizzare altre parti del corpo quali i palmi delle mani, gomiti, ginocchia, piedi.
Il trattamento shiatsu viene fatto, normalmente su un futon (materassino di tradizione giapponese; entrambi i soggetti sono vestiti e non vengono utilizzati olii o creme.)”
Se andiamo a fondo di questa definizione che ha il pregio di semplificare una disciplina molto ricca di sfumature e fascino, possiamo vedere che lo shiatsu non lavora e non deve lavorare contro una patologia specifica o contro i suoi sintomi, ma considerare e sostenere l’intera persona nel suo processo di espressione vitale.
In tal modo possono esserci notevoli benefici e in molti casi un netto miglioramento dei sintomi iniziali.
Che cosa determina questi risultati?
Noi crediamo che a determinare questi risultati sia proprio il fatto che invece di focalizzare l’intervento contro la patologia (termine che appartiene esclusivamente ad un ambito medico, come è normale che sia), l’operatore coltivi la salute e la vitalità della persona trattata facendo appello alla sua naturale e profonda capacità di riequilibrio.
Il lavoro dello shiatsu ha un profondo effetto sull’aspetto psicologico ed emotivo di chi riceve il trattamento. Attraverso il lavoro sul corpo, l’operatore shiatsu “dialoga” profondamente con le risorse fisiche, emotive, nervose e psichiche del ricevente che può in questo modo trovare una maggiore centratura, un maggiore stato di equilibrio ed armonia.
Sono queste le condizioni attraverso cui il ricevente può recuperare da situazioni di stress fisico e psichico prolungato. Potremmo dire che per effetto dei trattamenti può essere più connesso con se stesso ed avere una maggiore consapevolezza del proprio corpo/mente.
E’ questa consapevolezza, questa rinnovata capacità di autopercepirsi che potrà essere molto utile a scopo preventivo, è questa consapevolezza che si potrà tradurre in un rafforzamento della salute.
Possiamo dire che l’operatore shiatsu fa riferimento ad una accezione del termine cura molto nobile e delicata: nel suo approccio infatti egli non cura ma “si prende cura” della persona in modo gentile e profondo e questa attitudine (che è una caratteristica di questa disciplina) predispone le condizioni perché avvengano i cambiamenti, grandi o piccoli, per il ricevente.
L’operatore ha una lunga preparazione e mette al servizio dell’ascolto e di questa relazione evolutiva tutte le tecniche che studia e che ha appreso.
E’ un ritorno a quella “antica lingua” che è in sostanza il linguaggio dell’arte. Come ogni relazione autentica, anche quella fra operatore e ricevente finirà per contribuire al cambiamento ed alla crescita di entrambi i soggetti coinvolti.
Anche e soprattutto per questo lo shiatsu non è terapia, non è medicina e non ha (e non propone) risultati riproducibili e misurabili, non ci sono protocolli predefiniti.
Lungi dal presentarsi come una alternativa alla medicina, lo shiatsu è un’arte che può affiancare ed integrare ed essere complementare anche a qualsiasi percorso terapeutico classico.
Al termine di queste riflessioni, invito chiunque voglia (semplici curiosi, utenti ma anche giornalisti che hanno l’arduo compito di contribuire a fare chiarezza e non confusione) a documentarsi sul sito di APOS sul percorso istituzionale e trasparente che lo shiatsu sta facendo perché siano riconosciute e valorizzate queste sue caratteristiche peculiari.
Lorenzo Bonaiuti
Membro del Consiglio Direttivo APOS